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𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐚𝐭𝐥𝐞𝐭𝐚 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐯𝐢𝐧𝐜𝐞𝐧𝐭𝐞?

Uno dei più grandi giocatori della NBA è stato Kobe Bryant, diventato famoso per la sua Mamba Mentality, proprio come il serpente velenoso che non lascia scampo alle sue prede, anche Kobe, non lasciava spazio ai suoi avversari durante le sue partite di basket.La sfida era affrontare i duri duelli con i suoi avversari con meticoloso impegno e strategia dai quali uscirne vincitori.  Per questo motivo gli è stato attribuito questo appellativo di mamba mentality, che diventerà un concetto necessario del pensiero dello sportivo, che non molla mai, che vuole a tutti i costi raggiungere la vittoria. Se andiamo ad analizzare la sua carriera possiamo evidenziare alcuni concetti come: Lo studio dei fondamentali: Ogni sport ha le sue regole e tecniche che vanno applicate nel modo più meticoloso possibile. Strutturare fin da subito la giusta e corretta esecuzione del gesto motorio che sarà alla base di tutte le sfide, senza la quale potremmo affidarci solamente al caso o alla fortuna, o sperare in un errore dell’avversario. Passione: Quando si ha una forte tendenza per qualcosa, in questo caso lo sport prescelto. E’ bello ed entusiasmante e lo si fa nel pieno divertimento, certi, che anche qualche vittoria e soddisfazione personale porti ad avere più motivazione per raggiungere risultati sempre maggiori. Ossessione: Forse è il momento più importante per un atleta, perché deve trovare la soluzione per vincere, e questo richiede appunto un cambio di mentalità, la “mamba mentality”. Non basta più il solito allenamento, ma si entra nelle specificità per migliorare sia fisicamente sia mentalmente. E’ proprio qui che entrano in gioco l’intuizione, il metodo e la strategia. La combinazione dei diversi elementi amalgamati tra di loro formano un atleta completo, che accetta il sacrificio per raggiungere la vittoria.La differenza che fa la differenza. Di seguito la poesia scritta a fine carriera dal mitico Kobe. “Cara pallacanestro,sin dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzettoni di mio papà e a immaginare tiri decisivi per la vittoria al Great Western Forum, mi è subito stata chiara una cosa: mi ero innamorato di te. Un amore così grande che ti ho dato tutto me stesso, dalla mia mente, al mio corpo, al mio spirito e alla mia anima.Nelle vesti di un bambino di 6 anni innamorato non ho mai visto la luce in fondo al tunnel. Mi vedevo soltanto correre al di fuori. E così ho corso. Ho corso su e giù per ogni campo, rincorrendo ogni pallone per te. Mi hai chiesto il massimo sforzo, io ti ho dato il mio cuore.Ho giocato quando ero stanco e dolorante, non perché fossero state le sfide a chiamarmi, ma perché TU mi hai chiamato. Ho fatto qualsiasi cosa per TE, perché questo è ciò che fanno le persone quando qualcuno le fa sentire vive come hai fatto tu con me.Hai dato a un bimbo di 6 anni il sogno di essere un giocatore dei Lakers e ti amerò sempre per questo. Ma non posso amarti in maniera ossessiva per molto tempo ancora. Questa stagione è tutto quel che mi rimane da darti. Il mio cuore può reggere il peso, la mia mente pure, ma il mio corpo sa che è giunto il momento di salutarci.Ma va bene così. Sono pronto a lasciarti andare. Volevo che tu lo sapessi, cosicché potremo assaporare meglio ogni momento che ci rimarrà da gustare assieme. Le cose belle e quelle meno belle. Ci siamo dati l’un l’altra tutto quello che avevamo.Ed entrambi sappiamo che, qualsiasi cosa io farò, sarà sempre quel bambino con i calzettoni, il cestino della spazzatura nell’angolo, e 5 secondi ancora sul cronometro, palla in mano. 5… 4… 3… 2… 1.Ti amerò sempre.Kobe”. Articolo a cura del Dott. Max Parolin

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Esiste una relazione tra il funzionamento degli occhi ed il controllo posturale dei piedi? 

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A quanto pare si, e questi due sistemi (visivo e podalico) si influenzano a vicenda.  Ciò vuol dire che ogni comportamento dei movimenti oculari può avere adattamenti nel piede per ricercare i nuovi punti di contatto col suolo.  Se è presente una disfunzione dei muscoli oculari il corpo assumerà degli adattamenti posturali per compensare lo squilibrio dalla nuca fin giù ai piedi.  Potremmo trovarci un piede “fuori asse” semplicemente come compenso di qualcosa che arriva dall’alto, in questo caso dagli occhi.  In ambito posturale ciò che va individuato, attraverso test funzionali specifici, sono le cause. I motivi che determinano i compensi e non semplicemente la sua presa in esame. Se hai un piede che “crolla in dentro” non è detto che vada rieducato il piede. Così come non è detto che una serie di esercizi di stabilità sul tronco o sui muscoli del bacino (glutei) possano risolvere il problema…  Con alcuni esercizi i piedi possono subito rispondere ad una stimolazione e cambiare postura nell’immediato; ma cosa succede nel corso del tempo?  Se la causa primaria, ad esempio dopo un trauma di caviglia, risiede nel piede allora gli esercizi di stimolazione potrebbero essere risolutivi e duraturi. Tuttavia se si tratta solo di un compenso allora i risultati saranno fine a se stessi e ci si ritroverà in un giro senza fine di continui esercizi con scarsi risultati.  Le valutazioni posturali specifiche con test funzionali potranno “tirare fuori” il problema primario ( o i problemi…) che mantiene l’intero squilibrio corporeo.  In questo caso potrebbe essere proprio l’occhio. #optometria#visione#occhi#postura #osteopatia #docposture #fitness #bodybuilding #femalefitness #functionaltraining #power #mobility #sport #maldischiena #stress # È come un gioco… ma è meglio per la tua mente!! Science Vision Training Academy Allena la tua visione… muoviti più velocemente!!! #sportsvision #sportsvisiontraining #sportstraining #visiontraining #vision #reactiontraining #potenziarecervello  BAMBINI SVOGLIATI : MA E’ DAVVERO COSI’ ? Spesso mi capita in studio di esaminare bambini e ragazzi considerati dai genitori svogliati, pigri. In realtà ho SEMPRE riscontrato in loro una difficolta’ visiva che , se non adeguatamente trattata, “giustificava” la loro poca voglia di stare  sui libri.  La vista è solo una mimima parte del processo visivo, avere solo 10/10 non basta!  POSTUROLOGIA  OCCHI E POSTURA Oggi parliamo della vista e come questa determina la postura. Gli occhi guidano la postura nello spazio cioè determinano come camminiamo attraverso le catene muscolari anteriori che dirigono poi la punta del piede, attraverso le catene muscolari posteriori che controllano la rotazione dei corpi vertebrali. L’ occhio va valutato non solo per quanto (diottrie) ci vede ma anche in che modo ci vede. È molto frequente trovare casi in cui gli occhi hanno difficoltà a convergersi cioè a guardare entrambe la punta del naso. Questo significa che se uno dei due occhi converge più dell’ altro come ci sarà un occhio dominante, ci sarà anche una catena anteriore muscolare più in ipertono (contratta), causando l’ allentamento dell’ altra e dirigendo il piede della stessa parte verso l’ esterno, tanto per capirsi la persona avrà un piede o possibile anche tutti e due i piedi a papera. Come la mancanza di diottrie crea un atteggiamento di caduta anteriore della testa per  avvicinarsi all’ oggetto da mirare, è altrettanto visibile l’ atteggiamento opposto cioè indietreggiare con la testa nel caso in cui avessimo una vista da falco. Al livello posturale queste catene in ipertono ed ipotono portano pressioni interdiscali sulla schiena e un consumo di questi precoce per usura scorretta. Dunque se vostro figlio ha i piedi piatti o manda una gamba fuori controllo oppure non riesce a stare sui libri a leggere, prendetevi il tempo di fargli fare un test posturale, in maniera da considerare nell’ insieme le cause che gli portano questo disagio.  #IGIENE #POSTURALE  Quale bicchiere scegliere per far bere il bambino in sicurezza? Caro genitore, forse tale questione potrebbe sembrarti banale, ma non lo è. Il bambino, come l’adulto, nel momento in cui assume dei liquidi da un #bicchiere #alto e #stretto, tende ad estendere in modo eccessivo il capo e questo fa sì che la sua epiglottide non si chiudi perfettamente, esponendolo a rischio di inalazione.  Viceversa, nel momento in cui viene usato un bicchiere #basso in altezza (come può essere una tazzina di caffè), il bambino è portato a flettere il capo rispetto al tronco, cioè a piegare la testa in avanti. Tale posizione posturale permette una perfetta chiusura dell’epiglottide, garantendogli una condizione di sicurezza durante l’atto del bere.  Abc dell’età evolutiva #abcetaevolutiva A cura della Dott.ssa. Chiara Capuccini

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L’importanza di una postura corretta

Quando la postura è corretta?   La postura è la posizione del corpo umano nello spazio e la relativa relazione tra le varie parti del corpo. Una postura si considera corretta quando il corpo assume la posizione più idonea in base alla forza di gravità, quella cioè che richiede il minor dispendio energetico sia mentre ci si muove (deambulazione) che mentre si sta fermi (stazionamento) .La postura di un individuo è il riflesso di come vive nell’ambiente che lo circonda. Può essere quindi influenzata da molteplici fattori quali stress, traumi fisici ed emotivi, posture scorrette ripetute e mantenute nel tempo, problematiche visive e distanze di lavoro scorrette, occlusioni dentali errate, squilibri biochimici derivati da una alimentazione scorretta. La postura è quindi in costante e progressiva modificazione.  Postura scorretta: quali sono le cause e come risolverla Avere anche solo un piccolo squilibrio nei recettori del proprio corpo significa apportare un’alterazione alla propria postura che, se inizialmente non da sintomi, nel corso tempo potrebbe causare dolore.Basti pensare a come piccole alterazioni visive, se non vengono adeguatamente corrette, possono portare il corpo ad assumere posizioni anomale per compensare tali difetti, provocando dolore soprattutto per quanto riguarda la muscolatura di collo, spalle, braccia e bocca. Allo stesso modo mantenere posizioni errate per lungo tempo può generare tensioni muscolari asimmetriche nel corpo che possono alterare abilità visive come accomodazione, convergenza, binocularità e movimenti oculari. È dimostrato infatti che posture scorrette possono produrre variazioni dell’equilibrio dei due occhi, come ad esempio una errata occlusione dentale, che può alterare o ridurre notevolmente la capacità di convergenza creando difficoltà di lettura, concentrazione e memorizzazione. Tale situazione potrebbe essere risolta in rapporto sinergico tra dentista ed optometrista, attraverso un trattamento ortodontico abbinato ad una educazione visiva, il cosiddetto visual training. Il visual training per una postura corretta Nel caso quindi di dolori cervicali, lombalgia o senso di instabilità, è buona norma effettuare un esame visivo specifico ed approfondito che prenda in considerazione anche la postura abituale del soggetto. I test visuo-posturali specifici valutano il grado di relazione tra il sistema visivo e quello posturale, questo permette all’optometrista di comprendere al meglio la disfunzione posturale e scegliere il piano terapeutico di intervento più appropriato. A cura della Dott.ssa. Chiara Capuccini

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La visione dell’occhio

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La visione non funziona “in decimi”, sarebbe troppo riduttivo poterla esprimere con la banale misura di una sola, tra le tante attività che svolge. Questo è un credo piuttosto diffuso, e voglio fare un po’ di chiarezza per sfatare qualche luogo comune. Partiamo dal fatto che non servono dieci decimi (10/10) per vedere bene, anzi ne bastano meno, e spieghiamo allora cosa sono questi decimi e decimi. Diciamo che più decimi si riescono a vedere, e più dettagli si colgono in un’immagine. Esempio: io vedo lontano un albero pieno di foglie verdi. Tu vedi anche le singole foglie coi bordi ben delineati. Lei vede che tra le foglie volano felici due farfalline colorate. Per la maggior parte delle nostre necessità è sufficiente vedere l’albero, per altre serve vederne le foglie, per una minima percentuale servirebbe riuscire a distinguere anche le farfalline. A supporto di quanto detto, i requisiti per la patente auto sono 10/10 complessivi con 2/10 per l’occhio che vede meno eventualmente raggiungibile con qualsiasi correzione di lenti. La visione è un processo articolato, formato dalla visione centrale, ovvero l’alta definizione che è l’abilità misurata in decimi, ma anche da tutte le informazioni che arrivano dal campo visivo periferico, e che compongono l’immagine. È questo uno dei motivi per cui, chi indossa lenti a contatto, afferma di vedere molto meglio rispetto agli occhiali; anche se in entrambi i casi, leggendo la tabella di lettere (ottotipo) si raggiungono gli stessi decimi. Dopodiché il cervello elabora queste informazioni e attingendo all’esperienza gli da un significato, la giusta dimensione, e le colloca nello spazio tridimensionale. Più la rappresentazione tridimensionale si avvicina a quella reale, più si è sincroni nel muoversi nello spazio. Se vi capita di arrivare un po’ in anticipo/ritardo sulla palla, giocando a tennis, potreste avere qualche problema di efficienza visiva Trascorriamo molto tempo della giornata, svolgendo attività che impegnano la visione ravvicinata (entro 60cm), mentre ci siamo evoluti per migliaia di anni privilegiando la visione da lontano, per cacciare o avvistare pericoli. Ecco che, negli ultimi 40 anni, la situazione si è capovolta ed il nostro sistema visivo spesso, proprio a causa dell’impegno prolungato, non è così efficace. Lavoro d’ufficio, studio, computer non sono di per sé dannosi alla vista, ma richiedono un costante dispendio di energie che alla lunga può stancare la “vista”. L’optometrista, attraverso una serie di test, può stabilire se un sistema visivo sia o meno efficiente, ed utilizzare occhiali, oppure esercizi specifici per ripristinare la migliore condizione visiva. Immaginate la visione come un flusso: se scorre libero, il cervello spende poca energia per analizzarlo e memorizzare, ed anche lo studio o la capacità di ricordare quanto letto o ascoltato, diventerà più facile ed efficace Alcuni vizi di refrazione sono congeniti e un controllo della vista già in tenera età serve a escludere disturbi visivi anche gravi. L’ipermetropia e  certe forme di astigmatismo elevato possono essere presenti fin dalla nascita e, se trascurati, possono portare a complicazioni più importanti come lo strabismo e il cosiddetto occhio pigro. Per questo si raccomanda di fare una visita optometrica ai bambini fin da subito, tra i 6 e i 12 mesi e senza dubbio entro i 3 anni d’età. Successivamente, consigliamo un controllo optometrico periodico annuale, perché l’acutezza visiva può variare con la crescita. La visita oculistica intorno ai 5 anni di età rappresenta il controllo detto pre-scolare ed è fortemente raccomandata prima che il bambino cominci i futuri impegni scolastici. Con l’inizio della scuola e con l’uso ormai diffuso di dispositivi elettronici, il carico oculare si aggrava con ulteriore affaticamento della vista. È sempre bene prestare attenzione a piccoli segnali di stress visivo come arrossamento, difficoltà nella lettura o dolore oculare. Altri segnali da verificare sono rappresentati da frequenti sfregamenti delle palpebre o l’atteggiamento a guardare con gli occhi fessurati (occhi che strizzano). Tramite controlli regolari, puoi intervenire subito per compensare eventuali deficit visivi e aiutare il tuo bambino a mantenere il giusto comfort visivo. A cura della Dott.ssa. Chiara Capuccin

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Sport e Visione

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Il visual training è un approccio funzionale multi-disciplinare finalizzato a condurre l’intero sistema visivo a funzionare all’apice del rendimento in relazione all’attività praticata. Il miglioramento visivo può essere indirizzato sia ad aspetti generali della visione ( comfort, eliminazione di astenopie, efficienza, etc.), sia ad aspetti specifici che caratterizzano le esigenze primarie di una persona. Il visual training deve la sua ampia prospettiva diagnostica e rieducativa grazie al fatto di derivare da una moltitudine di ricerche che sono state condotte in vari campi scientifici: Optometria, Psicologia, Oftalmologia, Fisiologia, Neuroscienze, Neurologia etc. L’atleta è un individuo con esigenze molto specifiche al di sopra della “normalità”. Ad un atleta non basta essere sano per essere competitivo; egli deve essere anche efficiente ed esprimere tale efficienza in specifiche attività che caratterizzano lo sport praticato. Ad un atleta non basta vedere 10/10 decimi ed avere occhi sani; egli deve possedere nel sistema visivo, come nel resto del corpo, quell’efficienza che gli occorre per percepire e reagire in tempi rapidi, per estrarre il massimo significato da ciò che vede. ” GLI OCCHI DIRIGONO IL CORPO” è uno degli slogan più diffusi per enfatizzare l’importanza di un sistema visivo efficiente per chi pratica attività sportiva. Attraverso decenni di ricerche sulla fisiologia e psicologia della percezione visiva alcuni concetti risultano oggi universalmente dimostrati ed accettati: • la funzione visiva è un processo largamente appreso e può essere adeguatamente educato, allenato e migliorato. • la notevole plasticità del sistema visivo e delle funzioni che esso svolge sono largamente dovute ai fenomeni di apprendimento sensoriale e fanno riferimento all’enorme e in parte, inutilizzata, plasticità dei processi cerebrali. • il sistema visivo umano è il più sviluppato ed efficiente di tutti gli esseri viventi. Oltre due terzi delle informazioni sensoriali che giungono ogni secondo al cervello sono inerenti alla funzione visiva. “VEDERE” è già stata definita come la funzione dominante dell’essere umano. L’uso che l’essere umano è chiamato a farne supera largamente quello delle necessità primarie di sopravvivenza e contribuisce agli aspetti superiori dell’esistenza più squisitamente cognitivi e culturali. Lo Sport, così come la maggior parte delle attività che svolgiamo quotidianamente, è essenzialmente un’attività visuo-motoria. Ogni azione sportiva è caratterizzata da una percezione seguita da una azione mediata da un’infinità di processi integrativi che contribuiscono a rendere il gesto finale adeguato alle situazioni spaziali e temporali. Nessun altro sistema sensoriale è così preciso, veloce e raffinato come la funzione visiva nel ” misurare ” tempo e spazio. Il visual training è basato sul fatto che la percezione visiva caratterizza la maggior parte delle nostre attività quotidiane e grazie al feedback visivo che riceviamo dall’ambiente sappiamo come muoverci ed agire in modo efficiente e finalizzato. Ogni attività visiva e visuo-motoria che un essere umano svolge è caratterizzato da esigenze visive più o meno specifiche e l’abilità di interfacciarsi con tali esigenze dipende enormemente da come siamo abituati ed allenati ad utilizzare il sistema visivo. La ripetizione sistematica di gesti motori non necessariamente produce un adeguato apprendimento. Il gesto motorio è il prodotto finale di una serie di fenomeni: una sorta di risultato dell’efficienza e dell’integrazione. Ogni azione – reazione è mediata da processi sensoriali; se questi non sono adeguatamente integrati, l’allenamento basato sulla ripetizione di gesti motori o sulla forza fisica può dimostrarsi inefficace per migliorare in modo consistente la performance dell’individuo. Allenare la funzione visiva ad essere più preparata, rapida e precisa può produrre un contributo considerevole nel miglioramento della gestualità sia in termini quantitativi ( velocità ), sia qualitativi ( precisione ) e di infortuni sportivi. A cura della Dott.ssa. Chiara Capuccini

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Le capacità visive del bambino.

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Le capacità visive del bambino sono molto differenti da quelle dell’adulto, infatti nei primi anni di vita il suo sistema visivo è ancora immaturo e non gli consente di distinguere nitidamente le forme e percepire i colori chiaramente. Nei primi giorni di vita il bambino ha una visione piuttosto grossolana, non è ancora in grado di visualizzare i dettagli di una figura ma è attratto dai contrasti e dalle variazioni di luminosità. La sua acuità visiva è di soli 0,5/10 e il piccolo percepisce un oggetto a circa 20 cm, misura che corrisponde alla distanza tra il volto del bambino tenuto in braccio e il viso della mamma. A 1 mese il bimbo inizia a fissare le forme e viene attratto in particolare da oggetti in movimento o fonti luminose. A 2-3 mesi il bambino è in grado di guardare le immagini nel loro insieme: non risulta quindi più attratto solo dai contrasti e dai contorni. Il piccolo inizia ad osservare le proprie mani e comincia a mostrare delle preferenze cromatiche, in particolare sembra preferire il rosso, il blu e il viola. Migliora la messa a fuoco di oggetti a diverse distanze e, iniziando inoltre a controllare il capo, migliora la sua capacità di esplorazione dell’ambiente e la sua capacità di seguire un oggetto in movimento. A partire dai 4-6 mesi il piccolo riesce a discriminare il blu dal verde e dal viola, il rosso dal giallo e dal rosa, il giallo dal blu, dal rosso e dal verde. L’acuità visiva del bimbo prosegue nel suo miglioramento: riesce a fissare oggetti posti ad una distanza di 90 cm-1 metro. In questa fase il piccolo perfeziona la coordinazione occhio-mano: il bambino è attratto dagli oggetti che lo circondano, è in grado di afferrarli e progressivamente impara ad esplorarli con il tatto. A 9-12 mesi il bambino è in grado di ricercare attivamente gli oggetti nel suo campo visivo, non necessariamente con uno spostamento del capo, ma anche con il semplice spostamento degli occhi. Emerge la percezione della profondità e il bambino è attratto da oggetti tridimensionali (cubetti, palline) che può manipolare con facilità. L’ampiezza del campo visivo del bambino da questa età è paragonabile a quella di un adulto anche se l’acuità visiva è ancora di 4/10. Anche la percezione del colore è ormai paragonabile a quella dell’età adulta e si sviluppa la capacità di distinguere le diverse figure geometriche. A 18 mesi il bambino sa identificare somiglianze e differenze, sia riguardanti la forma che il colore. Inizia ad interessarsi al disegno ed ai particolari, e aumenta in lui la capacità di vedere gli oggetti di lato (quindi non più solo in prospettiva frontale). Interessanti studi hanno approfondito, in particolare, le preferenze cromatiche dei bambini nella fasciad’età tra i 3 e i 4 anni. Alcuni studisono stati rivolti alle preferenze cromatiche che i bambini mostrano nella fascia d’età tra i 3 e i 4 anni. A questo proposito il rosso sembra essere il colore preferito sia dai maschi che dalle femmine. Non ci sono evidenze rispetto ad un’effettiva presenza di stereotipi di genere, quali una preferenza per il rosa nelle bambine e dell’azzurro nei maschi, se non legati a componenti educative e sociali. Nonostante entrambi i generi preferiscono colori brillanti a colori più scuri, questa tendenza si riscontra maggiormente nelle bambine.Alcuni autori hanno inoltre indagato come si sviluppi nei bambini la capacità di dare un nome ai colori. Sembra infatti che i bambini apprendano i nomi dei colori secondo una sequenza fissa: il primo colore che i bambini imparano ad etichettare è il rosso, seguito dal verde, dal giallo e dal blu e poi dal marrone, al rosa, dall’arancio e dal viola. In questa fascia d’età i bambini mostrano anche la tendenza ad associare un particolare colore ad un’emozione. A Partire dai 3 anni i bambini associano colori brillanti ad emozioni positive e colori più scuri ad emozioni negative: il giallo viene spesso associato a volti sorridenti, mentre il blu a volti che esprimono tristezza. Lo sviluppo del sistema visivo viene considerato concluso intorno ai 5-6 anni del bambino, fase in cui l’acuità visiva raggiunge i livelli tipici dell’età adulta.  A cura della Dott.ssa. Chiara Capuccini

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Come creare un’attività Montessoriana

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Durante la crescita del bambino arriverà il momento in cui inizierà a porvi delle domande, che potranno riguardare il mondo che li circonda. Nell’arco dell’anno si possono mettere in atto diverse attività che permettono al bambino di conoscere il mondo circostante, accrescere la sua curiosità verso il mondo esterno, e allo stesso tempo, sono attività che permettono ai membri della famiglia di accrescere le relazioni e passare del tempo di qualità.  Prima di parlare delle attività in sé è necessario chiarire alcuni punti per mettere in pratica al meglio queste attività. Ruolo dell’adulto:  Il genitore deve accompagnare il bambino nell’esplorazione del mondo circostante. È doveroso capire che il bambino non è un “recipiente da riempire” ma “una sorgente da far sgorgare”, come dice Maria Montessori. Aiutare materialmente il bambino, e quindi sostituirsi a lui nelle attività, non è d’aiuto. Il bambino va lasciato agire autonomamente se vogliamo che cresca pienamente consapevole delle proprie possibilità. Va rilevato che la libertà che si da, è solo per renderlo consapevole di ciò che è in grado di poter fare senza dipendere da una figura esterna. Non implica che la libertà sia legata al “faccio ciò che voglio”. Ogni bambino è un mondo a sé:  Ogni bambino è un mondo a sé, ha i suoi tempi e i suoi ritmi, quindi è necessario che l’adulto accompagni, senza forzare. È necessario che l’adulto crei un ambiente adatto alle esigenze del bambino che lo faccia sentire al sicuro di esplorare il mondo. Creare l’ambiente adatto:  È importante creare un ambiente a misura di bambino: – sceglieremo un tavolo alla sua altezza ( tavoli da giardino,  tavoli in legno per bambini ecc.).                  – oppure, se il bambino preferisce stare sul pavimento, stendere un tappeto, o nel caso di attività all’aperto va bene una stuoia o una coperta, su una porzione di pavimento o terreno. – alla fine dell’attività, il bambino sistemerà lo spazio che ha utilizzato e rimetterà a posto tutti gli oggetti utilizzati. Presentare un’attività:  Nel metodo montessoriano la presentazione dell’attività è molto importante. Al bambino va spiegato ogni singolo gesto, o comportamento che per noi sono cose normali, ma che per il bambino sono consuetudini insolite: – disponete le attività in contenitori che abbiano dei manici o che siano facili da afferrare per il bambino, in modo tale da facilitarlo nella presa degli oggetti. – su ogni contenitore, o scatola, illustrate con un’immagine che tipo di attività si trova al suo interno in modo tale da far scegliere con facilità il bambino. – dopo la scelta l’adulto si affiancherà al bambino e spiegherà con parole semplici e chiare gli oggetti che compongono l’attività. – spiegare con calma l’attività una sola volta. – lasciare svolgere in autonomia l’attività al bambino. – mostrare, infine, dove riporre la scatola dell’attività in modo tale che il bambino sappia dove trovare facilmente e in autonomia gli oggetti che ha usato per il gioco nei giorni successivi. Dove trovare gli oggetti per le attività:  Gli oggetti possono essere vari, si possono trovare in casa o in giardino, in vendita in negozi specializzati o in cartoleria, su internet. I posti sono vari dipende dal tipo di attività che volete svolgere. Età:  È ovvio che ogni età, ed ogni periodo di esplorazione, corrisponde ad un’età diversa. Anche se non è giusto parlare di età, ma di periodi sensitivi, i bambini, come abbiamo detto prima, hanno tempi diversi, quindi dare un limite di età alle attività montessoriane, è un concetto di per sé errato. Infatti, le attività montessoriane non hanno fasce d’età precise, si possono svolgere in qualsiasi momento lo si ritiene opportuno.  In conclusione, le attività montessoriane sono infinite e il limite legato a esse è solo dato dalla mancanza di fantasia. Articolo a cura della Dott.ssa Benedetta Bizzarri

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